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IL PARADOSSO DI MOORE.. E SAVIANO

4 giugno 2010 1 commento

Quattro puntate. Fabio Fazio e Roberto Saviano avrebbero dovuto presentare “Vieni via con me” su Rai Tre: una puntata dedicata al caso Piergiorgio Welby, il malato che ottenne la sospensione dell’alimentazione forzata. Un’altra alla ‘ndrangheta. Una alla ricostruzione post- terremoto in Abruzzo. L’ ultima alla questione dei rifiuti in Campania.

Considerati i cospicui ascolti di “Che tempo che fa”, nessuna occasione più ghiotta per lo share firmato Rai. Eppure i vertici dell’azienda hanno messo in discussione l’ipotesi delle quattro puntate, considerando la possibilità di ridurle a due. Gli argomenti scottanti di cui si vorrebbe fare a meno sono quelli riguardanti la ricostruzione post-terremoto e i rifiuti in Campania. Il primo in particolare riporterebbe in auge la spinosa questione Bertolaso, appalti, Anemone & co.
Così martedì prossimo la questione sarà di puro dominio del consiglio di amministrazione Rai.

Intanto di certo c’è solo la reazione critica e determinata di Fabio Fazio: “Se ci tolgono due puntate non vanno in onda neanche le altre. Il programma non si fa.” Il Presidente Rai Paolo Garimberti ha già dichiarato la sua posizione in difesa della libertà di informazione e dell’intero corpo originario di quattro puntate,  ma non tutti sembrano pensarla così e soltanto il consiglio di martedì potrà spostare l’ago della bilancia da una o dall’altra parte.

Nel frattempo da “Generazione Italia” di Gianfranco Fini arrivano appelli a Silvio Berlusconi, perchè il Premier si schieri dalla parte di Saviano. Il responsabile della testata online del movimento di Gianfranco Fini afferma “Non lo diciamo per Saviano che ha la capacità e la forza di difendersi da solo. Lo diciamo per noi e per tutti quegli italiani che vorrebbero essere ancora orgogliosi del proprio paese, per tutti quegli italiani che ancora cercano le ragioni profonde di uno stare insieme, di un riconoscersi, di un apprezzarsi. Ecco, Roberto Saviano, quel che questo ragazzo rappresenta, è una delle ragioni: l’idea di un paese normale in cui legalità e giustizia abbiano di nuovo un senso concreto, al di là della retorica, al di là della propaganda”. Critiche più o meno decise arrivano anche dall’ Italia Dei Valori di Antonio Di Pietro e dal Pd.

La domanda è: la Rai tiene di più alla libertà di informazione o allo share? Sia nel primo che nel secondo caso Saviano dovrebbe comunque andare in onda. Sicuramente gli argomenti trattati dalle ultime due puntate sono uno scomodo intralcio per un certo potere politico, ma Saviano rimane un bene prezioso per gli ascolti, cioè per quello mediatico. Un personaggio trasversale agli orientamenti politici del Paese:  seguito, apprezzato e ascoltato da molti che ancora credono nella legalità.

Probabilmente la Rai del passato avrebbe potuto avere a cuore la libera e pubblica informazione diretta al cittadino. Non questa Rai. La logica dell’azienda ormai pervade e indirizza l’intera società italiana, ad ogni livello: dal Paese-azienda guidato dall’imprenditore Silvio Berlusconi che scendeva in campo coronato e impreziosito dai molti successi nel mondo del business, alla stessa mamma Rai, immersa nella logica della concorrenza, del profitto pubblicitario e dello share. Che non guarda ai contenuti offerti, ma alle risposte del pubblico. Paradossalmente perciò più democratica di quanto lo fosse in passato: sono gli spettatori che, armati di telecomando, decidono quali contenuti privilegiare. Non più la Rai che educava i numerosi analfabeti del dopoguerra, ma quella continuamente plasmata dagli sfuggevoli e discontinui orientamenti dei proprio clienti.

Oggi la questione di maggior importanza tra i vertici Rai non è tanto quella relativa alla libera informazione, quanto piuttosto quella legata allo share,  al potere mediatico;  tuttavia, con buona pace del potere politico, stavolta questi due interessi coincidono e  si muovono in una stessa direzione. Saviano fa libera informazione ma, al tempo stesso, Saviano fa ascolti.

Tutto questo riporta un po’ alla sottile ironia di Michael Moore, il giornalista indipendente americano famoso per le sue numerose e scomode inchieste: dall’11 settembre agli psicofarmaci, da Guantanamo ai fast food. Moore afferma che il suo più grande alleato è lo stesso capitalismo perverso, che combatte da sempre: le sue inchieste scorrono liberamente e prive di censure nelle sale cinematografiche, diffondendosi nel globo proprio grazie all’ideale freddo e amorale del business. Michael Moore ha raggiunto una tale popolarità sull’onda di un sistema volto al solo profitto. Moore “fa audience”, tutti puntano su Moore, nemici compresi. E il giornalista americano intanto continua a portare avanti la sua battaglia. Dall’interno.

Non sappiamo se Saviano potrebbe definirsi una sorta di Moore italiano, quello che è certo è che le dinamiche ora delineate sembrano riproporsi anche in Italia: Mondadori ed Einaudi -di proprietà di Silvio Berlusconi- continuano oggi a pubblicare per lo scrittore napoletano, nonostante le scintille e i continui attriti con lo stesso Premier.

Un paradosso che inietta un po’ di ottimismo nel panorama della libera informazione in Italia. O forse dovremmo chiamarla semplicemente “share“?


Luca Ciccarese

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